All'inizio del film le cose vanno molto bene oppure molto male. L'eroe all'inizio è uno sfigato oppure è un perfetto cittadino. Ad un certo punto succede qualcosa di totalmente aspettato. Poi ci sarà un inseguimento. Poi ci sarà una scazzottata. (In genere le conseguenze delle botte che si danno sono quasi nulle, è bene così). All'inizio l'eroe perde, ma poi vincerà, lo sappiamo. Prima o poi si dice "voglio tornare a casa". Prima o poi qualcuno dice a qualcun altro: "ti voglio bene". (Prima tutti fumavano, poi tutti bevevano, adesso meno) Lui dorme sempre nudo, estate inverno primavera autunno. Lei si alza la mattina e gira per casa sua con la camicia di lui. Lei cura le ferite a lui. (A volte, piccole conseguenze di scazzottate o incidenti). I personaggi subiscono eventi traumatici, ma loro psicologia non ne risente mai. C'è sempre la frase: "la mia famiglia", "non toccare la mia famiglia"! Quando un personaggio deve essere aggredito da destra guarda insistentemente a sinistra. Chi litiga all'inizio prima o poi si bacia. Se c'è una storia d'amore questa nasce sempre in modo molto semplice, si guardano ed è fatta. (E' bene così) Quando rovistano negli armadi o nei cassetti tirano via tutto. Quando parlano al telefono non si salutano né all'inizio né alla fine, nessuna frase di convenienza, mai. Si trova sempre parcheggio davanti al luogo in cui si deve andare. Le porte delle case sono sempre aperte o si aprono molto facilmente. Il cattivo tanto più è cattivo tanto più fa una morte orrenda (è così liberatorio!). Il buono comunque si salva anche se è sempre in pericolo, per contratto. Alla fine, finisce bene. L'ordine è ristabilito, anche se non è mai cambiato.
Autore: Max Franti
Cosa cerchi?
Dimmi come cerchi e ti dirò cosa cerchi.
Ludwig Wittgenstein
(Ir)riflessioni
Siamo in campagna elettorale. Esco di casa di buon’ora. Cammino lungo il marciapiede e vedo un poster nuovo che il giorno prima non c’era. Dice: Non vi votiamo perché… e c’è un elenco di motivi per cui non li votano. È arrabbiato, duro, deciso.
Guardo meglio. Il poster è stato attaccato con la colla dove non si possono attaccare manifesti di nessun genere. È un muro privato di una persona che adesso dovrà pulire via il poster. Probabilmente sarà altrettanto arrabbiato, duro e deciso. Rifletto, ma nemmeno troppo: un manifesto illegale e irrispettoso protesta contro la classe politica irrispettosa e illegale. Una persona sconosciuta ne pagherà le conseguenze, probabilmente in silenzio. Mi pare una meravigliosa metafora di tante cose e mi riprometto di scriverne. Mentre sorrido ancora di tutta l’ironia della cosa, mi avvio verso l’altra parte, attraversando in mezzo alla strada. Un signore un po’ in là con gli anni, alla guida di una macchina, mi suona arrabbiato, probabilmente perché sto attraversando dove non si può. Gli faccio un cenno di scuse e mi accorgo che viaggia senza aver allacciato le cinture. E così via.
di Max Franti, da La resa. Racconti, 2014.
Il gioco e il massacro, di Ennio Flaiano
Ennio Flaiano, autore (Tempo di uccidere, primo premio Strega, 1947) , sceneggiatore (La dolce vita, 8 e 1/2, giusto per citarne due), corsivista ( Diario Notturno), drammaturgo (Un marziano a Roma e altre farse) aforista, giornalista, documentarista, personaggio eclettico, insomma, che forse si sta perdendo un po’ e che qui ricordo per due racconti tanto geniali quanto inquietanti. Pubblicati nel 1970 i due racconti parlano di due metamorfosi: “quella di Lorenzo Adamante, arredatore e produttore cinematografico, (…) che a partire da una diffusa fama di omosessualità pare misteriosamente dissolversi nella relazione con Anna Bac. E quella di Liza Baldwin, la giovane ricca, bellissima, «certamente kennediana» eppure stanca e sull’orlo della nevrosi, con cui Giorgio Fabro, catapultato a New York per sviluppare il soggetto di un film, va a vivere: per scoprirla poi, con stupore, donna-cane”. (Dalla presentazione di Adelphi). Due racconti lungimiranti che oggi probablmente sarebbero impubblicabili, che costerebbero all’autore enormi difficoltà, una serie infinita di insulti e che Flaiano avrebbe molto probabilmente pubblicato lo stesso con un intento ancor più provocatorio. Il fatto è che questi due racconti sono stati molto importanti per me, a cominciare da una frase che ho letto qui e non so se è una citazione o che altro, perché emerge da una televisione impazzita: “Verrà la sera e sarete interrogati sull’amore. E Bach aveva venti figli”.
Illusioni. Le avventura di un messia riluttante
Dopo il grande successo del Gabbiano Jonathan Livigston, Bach si cimenta con un’altra storia di crescita personale. Questa volta il protagonista è un pilota di aereo (il biplano, tanto caro a Bach) che porta le persone a spasso per aria e che un giorno incontro un collega molto particolare, Shimoda. Questi sembra non fare alcuna fatica, l’aereo sempre pulito, ma anche una malinconia di fondo e soprattutto possessore di un manuale che, alla fine, rimane al nostro protagonista. Sfogliandolo trova frasi lapidarie come: “Per vivere bene, bisogna sacrificare la noia. E non sempre è un facile sacrifico”. È il manuale per diventare messia. Ma Shimoda ha altri piani. L’ho letto la prima volta nel 1980, trovato per caso, su una bancarella di Pesaro. Mi accompagna da una vita. In fondo, molti di noi non hanno voglia di diventare ciò che possono.
Frammenti di un vangelo apocrifo (scelta da MF)
3. Sventurato il povero di spirito, perché sotto terra sarà quello che è ora sulla terra.
(…)
5. Beati quelli che sanno che il patimento non è un segno di gloria.
(…)
7. Felice colui che non insiste nell’avere ragione, perché nessuno ha ragione o tutti l’hanno.
8. Felice colui che perdona gli altri e colui che perdona se stesso.
9. Beati i mansueti, perché non consentono alla discordia.
10. Beati coloro che non hanno fame di giustizia, perché sanno che la nostra sorte, avversa o benigna, è opera del caso, che è inscrutabile.
11. Beati i misericordiosi, perché la loro gioia risiede nell’esercizio della misericordia e non nella speranza di un premio.
(…)
13. Beati coloro che soffrono persecuzione a causa della giustizia, perché ad essi importa più la giustizia che il loro destino umano.
14. Nessuno è il sale della serra; nessuno, in qualche momento della sua vita, non lo è.
(…)
16. Non c’è comandamento che non possa essere trasgredito, anche quelli che io dico e quelli che i profeti dissero.
(…)
24. Non esagerare il culto della verità; non c’è uomo che alla fine d’una giornata non abbia mentito, a ragione, molte volte.
25. Non giurare, perché ogni giuramento è un’esagerazione.
(…)
27. Io non parlo di vendette né di perdoni; la dimenticanza è l’unica vendetta e l’unico perdono.
28. Fare il bene al tuo nemico può essere opera di giustizia e non è arduo; amarlo è impresa d’angeli e non di uomini.
29. Fare il bene al tuo nemico è il miglior modo di compiacere la tua vanità.
30. Non accumulare oro sulla terra, perché l’oro è padre dell’ozio e questo della tristezza e del tedio.
31. Pensa che gli altri sono giusti o lo saranno, e se non è così non è tuo l’errore.
(…)
33. Da’ quel ch’è santo ai cani, getta le tue perle ai porci; quel che importa è dare.
(…)
40. Non giudicare l’albero dai suoi frutti né l’uomo dalle sue opere; essi possono essere peggiori o migliori di quelli.
41. Nulla si edifica sulla pietra, tutto sulla sabbia, ma noi dobbiamo edificare come se la sabbia fosse pietra.
47. Felice il povero senza amarezza o il ricco senza superbia.
48. Felici i coraggiosi, coloro che accettano con animo uguale la sconfitta o la palma.
49. Felici coloro che serbano nella memoria parole di Virgilio o di Cristo, perché daranno luce ai loro giorni.
50. Felici gli amati e gli amanti e coloro che possono fare a meno dell’amore.
51. Felici i felici.
di Jorge Luis Borges, Tutte le poesie, (1923-1976), Rizzoli, p. 251
Ricordare

“Senza le memorie che tengono insieme la mia vita non avrei la consapevolezza di aver vissuto e perderei il senso e la ragione del mio agire quotidiano. Ho bisogno della memoria del mio passato per muovermi con sicurezza e coerenza nel presente, ricca delle motivazioni che hanno determinato le mie scelte. La memoria mi definisce, mi fa sentire in armonia con il tempo e con gli altri di cui conosco l’esistere per essere anch’essi parte della memoria. “Ricordo, dunque sono” dico per assurdo. Scrivere le proprie esperienze credo sia un dovere civile per chiunque abbia da testimoniare del suo tempo”.
Carla Capponi, Con cuore di donna, Il Saggiatore, 2000, pp. 14-15.
Compulsion
Ho finito da qualche giorno questo libro, Compulsion, di Meyer Levin. È il racconto di un reale omicidio commesso “per gioco”, da due ragazzi. Una storia che ha ispirato Alfred Hitchcock per il film Nodo alla gola e che l’autore ha seguito personalmente all’epoca dei fatti (1924) ancora diciottenne. Anzi, gli assassini erano suoi amici. Il testo è notevole non solo per l’accurata ricostruzione che, nonostante sia nota la fine, cattura l’attenzione, ma soprattutto per la ricostruzione psicologica, psicanalitica delle motivazione dei ragazzi. Dati per condannati a morte, il romanzo racconta come e perché alla fine quella condanna è parsa fuori luogo. Si tratta di una finissima ricostruzione freudiana che mette in risalto il ruolo dell’incoscio nella nostra vita. Un libro scritto negli anni ’50 quando questo genere era ancora poco frequentato e che viene annoverato tra i migliori di sempre. Leggere se si ha voglia di entrare nella complessa psicologia di due ragazzi la cui (pessima) educazione emotiva (e sessuale), nonostante la ricchezza e l’intelligenza, ha generato mostri.
Promemoria sull’amore
La malattia d’ogni amore è il tempo
si dimentica, tra un subito e un per sempre,
la semplice eternità di un mentre.
di Max Franti
Braccia ridate all’agricoltura
Ho sempre desiderato scrivere, ma non so né perché e né cosa. “Scrivere” poi non è nemmeno un modo esatto di descrivere la mia pulsione. Compongo continuamente nella mia testa frasi o abbozzi di storie che so che dovrei scrivere prima o poi, ma non lo faccio. Mi sembra una fatica immane e vuota. E così taccio e continuo a fare quello che devo fare. In fondo, ridò braccia all’agricoltura.
Noi siamo in quattro
Noi siamo in quattro
vecchi, sì, tutte e quattro:
io, la sorella, la Tonina, e il gatto.
Primo a morire, stamattina, e lui. Piccolissimo “fatto
del giorno”: non l’umano, ma il felino.
Anche questo è il destino:
è passata la morte e ha scelto il gatto.
di Marino Moretti, da Diario senza le date, 1974
Biglietto lasciato prima di non andar via
Se non dovessi tornare,
sappiate che non sono mai
partito.
Il mio viaggiare
è stato tutto un restare
qua, dove non fui mai.
Di Giorgio Caproni, Tutte le poesie, Garzanti, 1999, p.445.
Ognuno cerca il sole

di Max Franti, Roma (tour di Street Photography by Nikon)
Le cose trasfigurate
La poesia è un lampo un frammento una parola un finale, un tono, un suono un’immagine fragile, incerta. Si ferma su carta altrimenti si perde e solo allora si ritorna alle cose consuete alle cose trasfigurate.
di Max Franti
Non si lascia mai veramente la propria casa

«Penso che non si possa mai lasciare veramente la propria casa. Penso che ci si porti dietro le ombre, i sogni, le paure e i draghi di casa, tutti sotto la pelle, negli estremi angoli degli occhi e nella cartilagine delle orecchie»
Da Maya Angelou, Letter to My Daughter, 2008
In attesa

di Max Franti, Marina di Ravenna, inverno 2016
Non lo saprà nessuno

Che abbiamo vissuto,
che abbiamo toccato le strade
coi piedi che andavano allegri,
non lo saprà nessuno.
Che abbiamo visto il mare
dai finestrini dei treni,
che abbiamo respirato
l’aria che si posa
sulle sedie dei bar,
non lo saprà nessuno.
Siamo stati
sulla terrazza della vita
fintanto che sono arrivati gli altri.
di Nino Pedretti, Poesie in dialetto romagnolo, Villa Verucchio, Pazzini 2006, p. 21
Segreti

Sei pieno di segreti che chiami io.
Paul Valery
Il dipinto rappresentato è Michele Di Tonno (per gentile concessione dell’autore).
Giudizi

Qualcuno ha detto che ci vuole meno sforzo mentale a condannare che a pensare.
Emma Goldman, attivista, (1869-1940)
L’epoca

Anonimo/a, Bologna
p.s. Comunque lucido o lucida su di un tratto piuttosto evidente (!) della nostra epoca: una fotogenica inconsistenza.